
Uno studio britannico dimostra come questa vaccinazione possa proteggere dal declino cognitivo.
Un recente studio italiano ipotizza che il vaccino contro l’herpes zoster potrebbe avere un effetto positivo anche nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Un’idea che si inserisce in un filone di ricerca sempre più vivace, in cui la vaccinazione si sta rivelando una possibile arma non solo contro infezioni specifiche, ma anche contro malattie neurodegenerative. Ora, nuovi dati internazionali lo confermano: il vaccino anti-herpes zoster riduce il rischio di sviluppare demenza del 20%.
La scoperta arriva da uno studio condotto nel Regno Unito e pubblicato su Nature da un team della Stanford University. Analizzando i dati di migliaia di persone, i ricercatori hanno osservato che chi era stato vaccinato contro il fuoco di Sant’Antonio mostrava, dopo sette anni, una probabilità significativamente inferiore di ricevere una diagnosi di demenza.
Vaccino e demenza: il collegamento
Da anni gli scienziati ipotizzano un legame tra infezioni da herpesvirus e declino cognitivo. Alcuni virus neurotropici potrebbero infatti favorire la neurodegenerazione. L’ipotesi più accreditata è che la riattivazione del virus varicella-zoster, responsabile dell’herpes zoster, alimenti l’infiammazione cerebrale, uno dei meccanismi alla base della demenza.
Ciò che rende particolarmente robusto questo studio è il metodo utilizzato. Nel Regno Unito, l’accesso gratuito al vaccino è stato deciso semplicemente in base alla data di nascita, creando una sorta di "esperimento naturale". I ricercatori hanno confrontato chi era idoneo a ricevere il vaccino con chi, nato solo poche settimane prima, non lo era. In questo modo, hanno potuto isolare l’effetto del vaccino da altri fattori, come il livello di istruzione o l'attenzione alla salute.
I risultati sono chiari: il vaccino è associato a una riduzione del 3,5% delle diagnosi di demenza, equivalente a un calo relativo del 20%. L’effetto sembra più marcato nelle donne, mentre negli uomini i dati sono meno solidi. Inoltre, l’analisi dei certificati di morte ha mostrato una riduzione del 5% nei decessi attribuibili a demenza.
Come funziona la protezione?
Gli scienziati ipotizzano che il vaccino non solo prevenga l’infezione da herpes zoster, ma moduli anche il sistema immunitario in modo più ampio. I vaccini vivi attenuati, come quello contro il fuoco di Sant’Antonio, possono infatti stimolare una risposta immunitaria capace di influenzare altri processi infiammatori, incluso quello cerebrale. Non a caso, i vaccinati hanno mostrato anche un 12% in meno di ricoveri per infezioni respiratorie, altro segno di un’immunità potenziata.
Limiti e prospettive future
Nonostante i risultati promettenti, restano alcune incognite. Lo studio si è concentrato su una fascia di età limitata e su un solo tipo di vaccino, quello vivo attenuato (lo Zostavax), mentre il più recente ricombinante (Shingrix), oggi in uso, non è stato analizzato perché è stato introdotto solo dopo la fine del periodo di studio. Inoltre, non tutti i casi di demenza vengono diagnosticati tempestivamente, il che potrebbe aver influenzato i numeri.
Resta il fatto che, in assenza di cure definitive per la demenza, strategie di prevenzione a basso costo e sicure come la vaccinazione rappresentano una prospettiva entusiasmante. Se questi dati saranno confermati, il vaccino contro l’herpes zoster potrebbe trasformarsi in uno strumento prezioso non solo per proteggere la pelle, ma anche per difendere il cervello dall’invecchiamento.
Fonte della notizia: www.ilsole24ore.com