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Demenza: grazie al Test della saliva si potrà scoprire prima?

Non è il solito test per scoprire prima la demenza, che promette miracoli dal web. Questo è il frutto di uno studio dell'Università Sapienza di Roma e ancora non è diventato un esame da poter effettuare in ambulatorio. I risultati, però, sono davvero interessanti. Ecco perché merita conoscerli.

La demenza è una parola che spaventa: dal punto di vista medico però racchiude diverse malattie neurodegenerative, di diversa gravità, accomunate da un progressivo declino delle funzioni cognitive e comportamentali. Spesso, soprattutto nelle fasi iniziali, i vari tipi di demenza presentano sintomi simili. Ciò rende più complessa la diagnosi corretta. Ecco perché la ricerca sta puntando a identificare metodi sempre più efficaci per distinguere con precisione le diverse forme di demenza. Da questo punto di vista lo studio della Sapienza potrebbe fare davvero la differenza, almeno per quanto riguarda demenza a corpi di Lewy.


La demenza a corpi di Lewy: poco conosciuta ma molto diffusa

Dopo l’Alzheimer, la demenza a corpi di Lewy (DLB) è la seconda forma più comune di demenza neurodegenerativa. Rappresenta il 30% delle malattie neurodegenerative e il 15% di tutte le forme di demenza. È caratterizzata dalla presenza di proteine anomale, chiamate appunto corpi di Lewy, che si accumulano all’interno delle cellule nervose.

Come si manifesta

Dal punto di vista clinico, chi soffre di demenza a corpi di Lewy mostra dei sintomi comuni:

  1. fluttuazioni cognitive (in pratica a momenti si è lucidi in altri si è confusi, non si riesce per esempio a utilizzare il computer),
  2. rigidità muscolare e lentezza nei movimenti (per questo è facile scambiarla per Parkinson. Inoltre, si ha difficoltà a valutare la profondità nello spazio, per questo anche parcheggiare a un certo punto può diventare difficile. Oppure non si riesce a sedersi al centro di una sedia),
  3. allucinazioni visive (pazienti riferiscono di vedere bambini e animali che non sono presenti in casa. Nella fasi iniziali della malattia si è consapevoli di queste allucinazioni e ciò crea forte frustrazione)
  4. problemi del sonno, soprattutto nella fase REM. Quest'ultimi sintomi possono comparire anche molti anni prima che la malattia si manifesti. In particolare, le persone tendo a scalciare mentre dormono e avere sogni molti agitati e quindi a scalciare mentre dormono.

I disturbi cognitivi consistono in difficoltà nell’eseguire compiti complessi come l’utilizzo del computer e problemi nella percezione dello spazio, ad esempio, difficoltà a valutare la profondità, per questo anche parcheggiare a un certo punto può diventare difficile. Oppure non si riesce a sedersi al centro di una sedia. Alcuni di questi sintomi, però, sono comuni ad altre malattie neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer. Ciò rende la diagnosi di questo tipo di demenza spesso incerta e ritardata.

La scoperta: due biomarcatori salivari

Uno studio condotto dal dipartimento di Neuroscienze dell’università Sapienza di Roma, recentemente pubblicato sul Journal of Alzheimers' disease, ha portato alla luce due potenziali biomarcatori nella saliva, utili per distinguere la demenza a corpi di Lewy dalle altre forme di demenza.

«La ricerca ha coinvolto un campione di pazienti suddivisi in quattro gruppi di 20 persone ciascuno: con demenza a corpi di Lewy, con Alzheimer, con Parkinson e individui sani. Nella saliva sono state misurate in particolare le concentrazioni di alfa-sinucleina e proteina tau, due proteine già note per il loro ruolo cruciale nei processi neurodegenerativi» spiega la dottoressa Fabrizia D’Antonio, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze Umane, che ha realizzato lo studio in collaborazione con il dottor Giorgio Vivacqua, un esperto di marcatori salivari del Campus Biomedico di Roma e con il professore Giuseppe Bruno presso il Dipartimento di Neuroscienze Umane.

Che cosa può svelare la saliva

I risultati hanno evidenziato valori più elevati di queste proteine nei pazienti con demenza rispetto ai soggetti sani. Ciò che è particolarmente interessante, però, è la possibilità di distinguere in modo più netto le varie forme di demenza, grazie all’osservazione di due specifiche forme di tali biomarcatori:

  1. Proteina tau fosforilata (ps199-tau): utile per differenziare la malattia di Parkinson dalla demenza di Alzheimer e dalla demenza a corpi di Lewy.
  2. Alfa-sinucleina oligomerica: presente in quantità maggiori nei pazienti con DLB rispetto a quelli con Alzheimer, permettendo quindi una distinzione ulteriore tra le due forme di demenza.

Quali sono i vantaggi per i malati

«La possibilità di effettuare una diagnosi tramite un semplice prelievo di saliva offre importanti vantaggi, anche se è importante ricordare che questo è uno studio preliminare. Al momento non è stato ancora realizzato un test da poter sottoporre ai pazienti, ma il nostro scopo è individuare la demenza il prima possibile, ancora prima che si manifesti per poter avere più possibilità di cura» chiarisce la dottoressa D’Antonio. La ricerca sta però proseguendo e i vantaggi di poter fare un semplice esame per scoprire se si soffre di questo tipo di demenza non sono pochi. Ecco i principali:

  • Non invasività: rispetto a esami come la puntura lombare o test più complessi, un test salivare risulta decisamente più semplice e meno stressante.
  • Rapidità e affidabilità: disporre di un indicatore chiaro per distinguere tra demenze ai primi stadi, ancora sfumati dal punto di vista sintomatico, può accelerare la scelta del percorso terapeutico più adeguato.
  • Riduzione degli errori diagnostici: la demenza a corpi di Lewy è spesso confusa con Parkinson o Alzheimer. Uno strumento che renda più immediata la diagnosi potrebbe ridurre i tempi d’attesa e gli errori.

In futuro sarà più facile curare questa demenza

Anche se lo studio rappresenta un notevole passo avanti per la diagnosi di questa forma di demenza, sono necessarie ulteriori indagini per confermare i dati raccolti su un campione più vasto di persone. «Qualora questi risultati venissero consolidati, si aprirebbero nuove prospettive per la diagnosi differenziale delle demenze più comuni, con benefici concreti per la presa in carico del paziente e per la pianificazione di trattamenti mirati» conclude l'esperta.

Fonte della notizia: www.iodonna.it

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