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Longevità: come scienza, città e società stanno ripensando l’età che avanza

Una nuova visione prende forma: non più un problema da risolvere, ma una condizione da progettare. Dal design politico alla biotecnologia, dalla rigenerazione urbana agli investimenti.

«La longevità non è un problema da risolvere, ma una condizione da progettare». Con queste parole Nicola Palmarini, direttore del National Innovation Centre for Ageing di Newcastle, ha aperto il panel "Le nuove frontiere della longevità" al Festival dell'Economia di Trento. Un panel multidisciplinare per affrontare una delle sfide centrali del nostro tempo: come vivere più a lungo, meglio e insieme.

Secondo Palmarini, la questione non è solo sanitaria o demografica, ma sistemica: «Stiamo vivendo un'epoca di "Longevity Transition". Non si tratta più solo di estendere la vita, ma di ripensare l'intero sistema sociale, economico, urbano e tecnologico per adattarsi a un mondo in cui vivremo più a lungo. Serve una nuova governance globale dell'invecchiamento, così come abbiamo iniziato a costruirla per il cambiamento climatico».

L'età biologica si può misurare (e modificare)

Una rivoluzione che ha solide basi scientifiche, come ha spiegato Valentina Bollati, professoressa di Biologia applicata all'Università di Milano. «Oggi possiamo misurare l'età biologica, ovvero quanto una persona sta effettivamente invecchiando a livello molecolare. E possiamo intervenire: l'ambiente, lo stile di vita, la nutrizione e l'esposizione a inquinanti hanno un impatto diretto su questi processi, ma sono anche fattori modificabili».

Bollati ha sottolineato l'importanza dell'esposoma e come il fattore ambientale giochi un ruolo cruciale: «Non ereditiamo solo geni, ma anche esposizioni. Inquinamento, alimentazione, stress: tutto questo lascia una traccia epigenetica che può accelerare o rallentare l'invecchiamento. Ma la buona notizia è che possiamo intervenire, modificare lo stile di vita, e invertire alcuni di questi processi».

Nel laboratorio del biologo Vittorio Sebastiano, docente alla Stanford University e fondatore della startup Turn Biotechnologies, si lavora invece sul "reset cellulare". Il suo obiettivo? Intervenire sull'orologio biologico stesso delle nostre cellule.

Non solo pillole, ma equità

«La biologia dell'invecchiamento, per decenni, è rimasta un campo frammentato. Ma oggi siamo in un momento di convergenza tra tecnologie e conoscenza», spiega. L'integrazione tra genomica, metabolomica, proteomica e intelligenza artificiale consente di studiare le cellule a una risoluzione senza precedenti, aprendo la strada a interventi che rallentino o persino invertano alcuni segni dell'invecchiamento.

Ma Sebastiano invita alla cautela: «Non possiamo aspettarci una pillola magica. La longevità non è solo scienza, è anche ambiente, equità, accesso alle cure. Senza una visione politica e sociale, la scienza da sola non basta».

Città per tutte le età: il senior living del futuro

Infatti, la longevità non si gioca solo nella biologia o nella clinica. Si gioca anche – e sempre di più – nello spazio urbano. È quanto ha sostenuto Raoul Ravara, Head of Strategic Development & Innovation di Hines Italy, che ha portato l'esperienza concreta del settore immobiliare.

«Oggi abbiamo bisogno di quartieri longevity-friendly», ha spiegato. «Spazi urbani progettati per accompagnare l'invecchiamento attivo: accessibili, verdi, con mobilità dolce, servizi di prossimità e relazioni intergenerazionali. Il senior living non è un'alternativa alla RSA, è un'evoluzione culturale. È un modello abitativo flessibile, tecnologico, integrato nella città, dove l'anziano è un cittadino attivo, non un assistito».

Ravara ha presentato il progetto di rigenerazione dell'Ex Trotto a Milano, un nuovo quartiere di 130.000 metri quadrati con oltre 3.000 residenti previsti, pensato per essere un distretto multigenerazionale e sostenibile. «Abbiamo destinato 360 unità al senior living e sviluppato un mix di servizi e spazi pubblici che promuovono il benessere, la socialità e il dialogo tra generazioni. La longevità, se accompagnata da ambienti adeguati, diventa una leva di rigenerazione urbana, non un costo da gestire».

In questa visione, l'urbanistica si intreccia con l'innovazione sociale: «I progetti immobiliari hanno cicli lunghi, durano anni. Quello che costruiamo oggi deve rispondere alla società del 2035. Per questo è cruciale anticipare i bisogni sociali. E non possiamo farlo senza integrare servizi, mobilità, cultura, tecnologia e comunità».

Le tecnologie per vivere meglio, non solo di più

E dove si sta spostando il capitale nell'ambito della longevità? Per Paolo Di Giorgio, Ceo di Angelini Ventures «Il capitale oggi cerca tecnologie che migliorino la qualità della vita, non solo che allunghino la durata - dice -. Le startup che attraggono investimenti sono quelle che propongono terapie mirate per neurodegenerazione, disturbi metabolici, infiammazione cronica o digital health».

Due esempi: Nobi, una luce intelligente che previene le cadute degli anziani con l'Ai, e Damona, biotech canadese che lavora su disturbi cognitivi da invecchiamento. E poi progetti più ambiziosi come il supporto alla "Healthy Lifespan Expansion Initiative" del Cemm, che ha già sviluppato un metodo per stimare l'età biologica di 40 tessuti da un singolo campione di sangue. Uno strumento per la medicina personalizzata, con applicazioni nella diagnosi precoce e nella prevenzione delle malattie croniche.

Tutti i relatori concordano su un punto: la longevità è già tra noi. E riguarda tutti, non solo gli over 65. È un cambiamento strutturale che impone nuove alleanze tra scienza, urbanistica, industria, istituzioni e cittadini. Come ha ricordato Palmarini in chiusura, «non dobbiamo più chiederci quanto vivremo, ma come vogliamo vivere. E questo è un progetto collettivo ed è importante fare educazione in questo senso, partendo dai giovani, cioè gli anziani di domani.

Fonte della notizia: www.ilsole24ore.com

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