Associazione Alzheimer Roma Odv

Anziani con Alzheimer e non autosufficienti: che tipo di assistenza ricevono in Rsa? Quanto costa? Lo studio

In Italia, secondo Paese più longevo al mondo, in media ci sono 22 posti letto in Rsa ogni mille residenti anziani (al Sud ancora meno), nei Paesi Ocse 40 ogni mille. I risultati di uno studio dell’Osservatorio LIUC, che sarà presentato oggi in un convegno a Milano.

Siamo il secondo Paese più longevo al mondo ma, a fronte di una media nei Paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di 40 posti letto in Rsa-Residenze sanitarie assistenziali per mille residenti anziani, in Italia sono in media soltanto 22 i posti letto ogni mille anziani, con cifre ancora più basse al Sud.
Ma che tipo di assistenza è offerta in una Rsa? Quali sono i costi? Chi paga e cosa sta succedendo dopo le recenti sentenze della Corte di Cassazione? Se ne parla nel corso di un convegno «RS(A)ppropriatezza, leggi chiare, costi certi. Chi paga le RSA?», oggi 19 giugno a Milano, a Palazzo Reale, su iniziativa di Associazione RisoRSA, Rsa Villaggio Amico e col patrocinio del Comune di Milano.
Saranno presentati i risultati di uno studio (anticipati al Corriere), condotto dall'Osservatorio settoriale sulle RSA della LIUC Business School, che per la prima volta ha analizzato il tipo di assistenza (sanitaria, assistenziale, alberghiera), offerta agli ospiti con malattia di Alzheimer in una Rsa.

Lo studio

Spiega Antonio Sebastiano, direttore dell'Osservatorio settoriale sulle Rsa istituito presso la LIUC Business School: «Lo scopo dello studio era fotografare la tipologia di attività erogate all'interno di un Nucleo Alzheimer (con 40 posti letto) in una Rsa lombarda (Villaggio Amico). Abbiamo calcolato che il totale dell'assistenza erogata è di 1221 minuti a settimana per ospite (in linea con quanto previsto dal sistema di accreditamento della Regione Lombardia), considerando solo il personale che concorre a determinare lo standard in materia di accreditamento per la cura e l'assistenza - medici, infermieri, educatori professionali, fisioterapisti, psicologo, assistente sociale -. Abbiamo poi distinto il tempo dedicato ad attività sanitaria, assistenziale e alberghiera».
Ebbene, dallo studio emerge che il 63,1% (715 minuti) delle attività è di tipo assistenziale, svolte prevalentemente da ASA/OSS (677 minuti); il 25,2% è di tipo sanitario, attività svolte prevalentemente da infermieri per un totale di 125 minuti a settimana, mentre gli altri 160 minuti di assistenza in area sanitaria sono erogati da altre figure: medici (45 minuti), fisioterapisti, psicologi, educatori professionali (che svolgono, per esempio, attività di stimolazione cognitiva), il restante 11,6% delle attività consiste in prestazioni alberghiere erogate sempre a cura del personale tutelare (ASA/OSS).
Precisa Sebastiano: «Se poi si considera tutto il personale che ruota all'interno delle Rsa, anche a vantaggio del Nucleo Alzheimer, quindi s'include anche la quota parte del personale dei servizi alberghieri (lavanderia, pulizia ambienti e ristorazione) e il personale direttivo, amministrativo e dei servizi generali, che esulano dal concetto di assistenza in senso stretto, si arriva a 1.548 minuti a settimana dedicati a ogni ospite. In questo caso la dimensione alberghiera corrisponde al 20%, quella dei servizi generali al 10%, quella assistenziale al 50% e quella sanitaria al 20%».

Costi, prevale la componente assistenziale (e non sanitaria)

Quanto ai costi calcolati per l'assistenza nel Nucleo Alzheimer di Villaggio Amico, riferisce il direttore dell'Osservatorio settoriale sulle Rsa della LIUC : «Il costo totale (compresi i servizi generali) per una giornata di assistenza è di circa 162 euro, di cui il 15,8% corrisponde al costo dell'area sanitaria (attività erogate da personale sanitario, farmaci, ossigeno ecc.); il 20,3% destinato all'area assistenziale, il 14,6% per l'area alberghiera, mentre corrispondono al 49,3% i costi per l'area dei servizi generali, dove ricade la quota parte del personale direttivo, amministrativo e dei servizi generali, le utenze, la locazione degli immobili, gli ammortamenti, i costi straordinari». Quest'ultima è la parte più variabile in funzione delle caratteristiche della singola struttura.
«Lo studio – osserva Sebastiano – dimostra che la componente assolutamente prevalente, anche in un Nucleo Alzheimer, è di matrice assistenziale e non sanitaria; inoltre, si è in grado di dividere i costi a seconda della loro natura, sanitaria, alberghiera, assistenziale, generale».

22 posti letto in Rsa per mille residenti anziani (più bassi al Sud)

«La sostenibilità economico-finanziaria di questi enti  – prosegue Sebastiano – non è così scontata, anche tenuto conto che i contributi pubblici dal Fondo Sanitario Regionale, per quanto siano aumentati, risultano ancora non sufficientemente adeguati. Come Osservatorio, da anni registriamo un numero importante di strutture in difficoltà sul versante del complessivo equilibrio economico-finanziario. Se poi le ricadute economiche dei contenziosi ricadono sulle strutture, senza che queste possano rivalersi sulla Regione o le Ats, molte rischiano di fallire. Vuol dire che, anche a fronte di un crescente invecchiamento della popolazione e della futura carenza di caregiver familiari, l'assistenza residenziale non sarà in grado di rispondere ai bisogni delle persone anziane non autosufficienti – sottolinea il direttore dell'Osservatorio settoriale sulle Rsa –. Già oggi, rispetto a una media nei Paesi Ocse che supera i 40 posti letto in Rsa per mille residenti anziani, noi che siamo il secondo Paese più vecchio al mondo abbiamo in media 22 posti letto per mille residenti anziani, e sono ancora più bassi nelle Regioni meridionali».

Chi paga la retta, la regola generale e le eccezioni

Per chi viene ricoverato in una Residenza sanitaria assistenziale - sia essa struttura pubblica o privata accreditata -, la regola generale per la ripartizione della retta è questa: le prestazioni di tipo sanitario sono sempre gratuite per tutti gli ospiti (e rimborsate alla struttura residenziale dal Servizio sanitario), mentre la quota «alberghiera» (vitto, alloggio e altri servizi), pari al 50% della retta, è a carico dei pazienti o delle famiglie, che possono richiedere un contributo al Comune (ciascuno ha un suo regolamento in cui definisce i criteri per l'«integrazione della retta», di solito in base all'ISEE). 
Salvo, però, casi particolari, come indicato da sentenze pronunciate da Tribunali e dalla Corte di Cassazione, secondo cui i costi del ricovero in Rsa sono totalmente a carico del Servizio sanitario nazionale, quando il ricovero in Rsa è l'unica possibilità per curare persone in condizioni patologiche gravissime e di non autosufficienza, per cui non sono scindibili le attività socio-assistenziali da quelle sanitarie.

«Servono leggi chiare e rimborsi certi»

Dice Massimo Riboldi, presidente di Villaggio Amico e dell'Associazione RisoRSA: «Se, come stabiliscono le sentenze della Cassazione, i costi devono essere a carico del Servizio sanitario, non possono essere scaricati sulle Rsa, come in generale avviene».
Cosa servirebbe? «Una radicale revisione delle norme – risponde Riboldi –. È chiaro che le Rsa devono fornire un'elevata qualità dell'assistenza, anche perché ospitano persone che all'ingresso hanno in media un'età di 85 anni e 5-6 patologie, ma occorre essere messi in condizioni di fornire prestazioni di qualità all'interno di un quadro normativo chiaro e con rimborsi certi. Oggi, per esempio in Lombardia, per ogni ospite, a fronte di 2 ore 45 minuti di assistenza con personale “standard” - cioè medico, infermiere, fisioterapista, educatore -, la Rsa riceve un rimborso di circa 45 euro al giorno, la metà di quanto previsto da disposizioni nazionali».

«Definizioni incompatibili»

Aggiunge ancora Riboldi: «In base al D.lgs. 502/92, le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria, ovvero con particolare rilevanza terapeutica e intensità assistenziale, sono a carico del Servizio sanitario nazionale. In un atto di indirizzo successivo (DPCM del 14 febbraio 2001) si stabilisce che per “intensità” s'intende una fase in generale breve (mentre l'assistenza di tipo estensivo è di durata medio-lunga ndr), e che queste prestazioni siano erogate dalle Aziende sanitarie, non dalle Rsa; infatti, la particolare intensità terapeutica e l'elevata intensità sanitaria non sono minimamente compatibili con la definizione di Rsa, contenuta nel DPCM del 14 gennaio 1997, cioè presidi che offrono, alle persone non autosufficienti che non possono essere assistite a domicilio, un livello medio di assistenza sanitaria e un elevato livello assistenziale e alberghiero. Quindi, – sottolinea il presidente dell'Associazione RisoRSA – la definizione di prestazione ad elevata integrazione e quella di Rsa sono incompatibili, in quanto le Rsa non erogano prestazioni ad elevata integrazione sanitaria».

Le sentenze della Cassazione

Quanto alle sentenze della Corte di Cassazione, dice l'avvocato Andrea Lopez, specializzato in diritto sanitario e sociosanitario: «Le pronunce della Corte di Cassazione in materia presentano degli elementi di criticità che consentirebbero ai gestori di “resistere” in giudizio perché scontano dei difetti interpretativi che meriterebbero un maggiore approfondimento». Prosegue l'avvocato: «Poiché oggi esistono i contratti di budget - strumento di controllo della spesa pubblica -, quando c'è un contenzioso in materia di compartecipazione al ricovero in Rsa, se il giudice riconosce alla persona ricoverata che nulla era dovuto ma, invece, i suoi familiari hanno pagato il 50% della retta, in generale - come avviene quasi sempre in Lombardia - la cifra viene rimborsata non dal Servizio sanitario regionale ma dalla Rsa, senza possibilità di rivalsa nei confronti del SSN in quanto - sostengono le difese delle Pubbliche Amministrazioni - il gestore si è assunto il rischio imprenditoriale. È un problema serio – sottolinea Lopez – . Se le Rsa non ce la fanno a sostenere questi costi, sono costrette a chiudere mettendo a rischio la continuità del servizio, oltre che i posti di lavoro. E, se si dovesse riconoscere la gratuità del ricovero a tutti quelli che rientrano nella definizione proposta dalla Corte di Cassazione, avremmo un problema di sostenibilità dell'intero Servizio sanitario nazionale. Sarebbe necessaria, quindi, una profonda riforma che individui chiaramente cosa è a carico del Servizio sanitario nazionale e cosa è a carico del cittadino (o del Comune se sussistono i presupposti in base all'ISEE)» conclude l'avvocato.

Fonte della notizia: www.corriere.it

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